venerdì 30 luglio 2010

Dimissioni assessore Tamburro: deflagra amministrazione Savino

E' di questa sera la notizia (non avente ancora il crisma della ufficialità) che darebbe per dimissionario Franco Tamburro, assessore all'Urbanistica della giunta Savino.
Secondo le notizie, assai scarne in mio possesso, le dimissioni di Tamburro sarebbero scaturite da un violentissiomo alterco che lo stesso avrebbe avuto con il Sindaco.
Per la verità, già da tempo in consiglio comunale mi era sembrato molto complicato il rapporto tra Tamburro e Savino, che sembrava soffrire non poco la spiccata personalità dell'assessore.
Se proprio devo dire il vero, soprattutto nell'ultima seduta del Consiglio, mi aveva colpito il piglio fortemente istituzionale con cui Tamburro aveva trattato il tema del PUG e delle altre questioni urbanistiche, a fronte di un atteggiamento del Sindaco oltremodo ed inutilmente polemico.
Tra l'altro, il dibattito sul PUG era seguito ad un accapo, quello sul riconoscimento del debito fuori bilancio in seguito alla sentenza DI FAZIO, in cui davvero infelice era stata l'uscita del Sindaco che, impulsivamente ed in totale dissonanza con il tono del precedente dibattito, aveva lanciato duri improperi contro i suoi predecessori, così costringendo la minoranza ad esprimersi in modo sfavorevole all'accapo.
Tamburro, invece, nel suo intervento sul PUG, facendo una premessa di encomio alla precedente amministrazione che, a suo dire, aveva avuto il merito di affrontare la vexata quaestio della approvazione del piano urbanistico, che le precedenti amministrazioni di centro- destra avevano volontariamente scansato, aveva di fatto creato tutte le condizioni per un voto unanime del Consiglio comunale.
L'acume con cui aveva provocato questo voto in consiglio segnalava il forte interesse di Tamburro ad approvare all'unanimità l'accapo, per, probabilmente, porre un suo personale imprimatur alla manovra urbanistica, in una evidente prospettiva di sua futura sindacatura nella prossima consiliatura.
Questa era stata la mia personale lettura del dibattito consiliare: un Sindaco ormai logorato e quasi già archiviato dalla sua stessa maggioranza ed un cavallo di razza, l'assessore Tamburro, pronto ad attraversare, incontrastato, una vasta prateria che lo avrebbe naturalmenete condotto verso un ruolo di primissimo piano nel centro-destra sanseverese.
Ora queste dimissioni improvvise di Franco TAMBURRO pongono una serie di questioni.
Il primo pensiero che mi sovviene è che dietro l'alterco tra Savino e Tamburro vi sia una regia politica ben precisa, che da tempo orienta l'agire del Sindaco, la quale avrebbe tutto l'interesse a metter fuori gioco una presenza ormai divenuta troppo ingombrante, soprattutto se si pensa che in un anno di tempo la approvazione del PUG è stata l'unica azione amministrativa di rilievo posta in essere dalla amministrazione SAVINO.
La sfuriata (sempre se le notizie in mio possesso saranno confermate) del Sindaco contro il suo assessore costituiscono momento terminale di un mormorio continuo di un manipolo di consigliori che al Sindaco vuol far credere di preservare l'autorevolezza della sua leadership, ma che di fatto mira ad avere l'esclusivo controllo sulla azione amministrativa, magari con l'ausilio di qualche qualificata consulenza tecnica.
In questa azione TAMBURRO é di sicuro disturbo e, secondo alcuni, va quanto meno ridimensionato, se non proprio eliminato dalla scena politica.
Ora, in questo quadro, credo che la città meriti di conoscere dall'assessore dimissionario le ragioni del suo gesto: un atto politico così rilevante, le dimissioni, in un tempo in cui non si dimette mai nessuno, si fondano su motivazione certamente molto gravi.
A quel punto, ritengo che il gruppo politico di TAMBURRO, La Puglia prima di tutto, non possa che prendere una posizione netta e chiara, uscendo definitivamente dalla compagine assessorile prendendo così chiaramente le distanze da una amministrazione grigia e senza spina dorsale.
In questa ultima ipotesi, sarebbe evidente la fine di quel carro carnevalesco che ha vinto le elezioni del 2009, in cui tutto era stato messo inseme senza una condivisa prospettiva politica, che non poteva che finire così miseramente.